martedì 23 marzo 2004

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Piango Emanuele

Emanuele
è un bambino
di sei mesi, accesi
a fuoco vivo
dalla sofferenza di un cuore,
di un organo
vitale a lui negato
da un'impietosa natura.

Stamane s'è spento,
silente.
Il buio ha avvolto,
in un piccolo,
vastissimo
sudario bianco,
i suoi cari.

Ma gli occhi, gli occhi, gli occhi!
I tuoi occhi, Emanuele!
Han smesso
di piangere le lacrime
semplici,
di un bambino.

Ogni vita ha una Ragione.

Il viso di un vecchio,
morto,
l'ho visto e pianto,
tante volte e tante,
ancora,
lo vedrò.
Condensa esperienze
nei tratti,
ogni ruga è il sepolcro
di un evento,
nato e morto,
con lui e in lui,
come ogni fenomeno
di questo imparziale universo.
Ma, nell'ultimo evento,
a nessuno
è concesso vedersi.
Un vecchio morto
è una vita compiuta.
Non ti chiedi Perché.

Il viso di un bambino,
morto,
l'ho visto e pianto,
poche volte
e poche,
ma troppe volte,
ancora lo vedrò!
E' una prova troppo dura per me!

Ricordo ancora vivi,
sogno ed incubo,
i Giorni Eternità
in ospedale,
dai miei figli, Leonardo e Lorenzo.
Erano nati su un crine, teso
tra il Deserto
Morte e l'Isola
Vita.
Sotto c'eravamo noi,
genitori,
affogati in un oceano
di disperazione,
di collassi.
Dannati dal fato.
Condannati a nuotare,
volevamo esser ponti.
Eravamo solo boe
disancorate.

Tanti, tanti, tanti neonati ho visto
morire.
Al mattino,
genitori della Terapia Intensiva,
dopo notti di ghiaccio
correvamo alle incubatrici.
Erano capezzali di vita.
Respiravamo la morte.

L'imparziale Governo
di noi ha avuto pietà.
Altri oceani attraversiamo ora,
di ignoranza, indifferenza,
egoismo,
verso chi indossa l'Handicap,
verso chi promuove,
con la propria carne,
la grande Cultura
della diversità.
Ma questi oceani
li attraverso coi miei figli:
i miei Maestri.
Non sono solo.

Emanuele,
quei giorni,
me li ha ricordati.
Le croste sul mio viso,
indurito dalla fatica e
dalle mille collere,
sciolte son colate
in un pianto sorriso,
felice,
di un uomo che torna
all'Uomo,
con in mente le gote
rosse, di un bambino.

Alla morte di un bambino,
di un figlio,
non ci sono Perché.
No No No No Nooo!
Non ci sono
Perché.

Ha fatto qualcosa di Male, forse?
Cosa voleva il destino da Lui?
Non aveva diritto a vivere come gli altri bambini?
Già, già, già... è la legge della vita, eh già!
Ma io non l'accetto questa legge! E' una legge ingiusta!
Se la tengano i predicatori, i pensatori,
quelli che non hanno figli,
quelli che non si interessano ai bambini,
quelli che non hanno cuore,
quelli che pensano solo a se stessi,
quelli che sono soltanto "quelli":
che ne capiscono loro?

Io avevo un figlio.
Era Lui la Legge
della mia vita.
Una legge semplice,
della vita
che si perpetua.
Vengono a schiere,
a consolarmi.
Siete gentili, grazie, ma...
Basta per carità, vi scongiuro, andatevene!
Io voglio solo piangere.
Lasciatemi solo, a piangere.
Lui, mio figlio, Lui,
Lui non c'è, non è, non...
Io voglio stare
con Lui, raggiungerlo
anche, per un attimo,
nella sua pace.
Con le lacrime.
Con le preghiere.


Un bambino si piange
una Prima volta.
Nella testa scoppia
impetuoso
un fuoco.
Tutto pulsa nel corpo:
è il battito di un cuore
che ama e vorrebbe
venire con te,
amato figlio,
nella morte.
Le arterie
come idrovore
non nutrono la carne:
svuotano il cuore.

Un bambino si piange
una Seconda volta.
Nelle cose, banali
e non altrimenti,
di ogni
inutile
restante
giorno.
Il cibo ti nutre,
il vestito ti copre,
la musica ti distrae,
un libro ti impegna,
il lavoro...
si deve fare.

Un bambino si piange
una Terza volta.
Non riesci più ad amare,
a dare
agli altri quello che
l'incolpevole figlio
ha sepolto con sé.
Il camposanto è casa,
è amore, è tutto.
La morte è la tua vita:
la vita vorresti
fosse morte.

Ma sei all'ultimo pianto.
Il buio più nero
che precede l'alba.

Poi,
improvvisamente,
ti illumini
di vita.

Non cerchi un Perché:
cerchi una Ragione.
Non raccogli il Passato:
semini il Futuro.
Non guardi il Morto:
idealizzi il Vivo!
Educhi il figlio,
al meglio che puoi.
Tuo figlio rinasce
eterno
dentro di te.

Una Tempesta!
Una Rivoluzione!
L'avresti realizzata
senza aver superato,
dolorosamente,
la più grande delle sofferenze?

La gioia della "normalità"
si chiama Banalità.
Se la tengano i "normali"!
A noi fa sbadigliare.

La gioia della sofferenza
provata e Trasformata,
Rivoluzionata,
si chiama Felicità.
A questa aneliamo!

Emanuele
con sé
non ci vuole
seppellire.

La tomba sarà
su misura,
per le sue membra
incolte.
Non cerchiamo uno spazio
che non c'è
e non ci deve
essere concesso.
E' spirato innocente.
Tempo non gli è stato dato
a recar offese.
Non creiamogli noi,
genitori,
colpe che non ha.
Ci ha reso felici da vivo.
Sapremo costruire Felicità
Suprema
con lui morto.

Facciamo tutto ciò,
insieme se volete,
con calma,
senza fretta.
Ogni passo
prepara il successivo.
Nell'anima non si corre:
si cammina.

Ti piango Emanuele.
Di felici lacrime
nutrirò
i fiori sul tumulo.
Oggi la campana
dei defunti ha vibrato
tuonante un colpo,
un solitario colpo,
per il più giovane,
il più incompiuto
dei miei amici,
dei miei
morti.

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